Sono due le piste principali che stanno seguendo gli inevstigatori per chiarire il movente dell’intimidazione nei confronti della caserma dei carabinieri di Secondigliano e arrivare ad individuare i responsabili. La prima porta a una vendetta del clan cui appartiene un ras di Secondigliano, al quale il tribunale dei minorenni ha temporaneamente portato via i due figli affidandoli ai servizi sociali. Un provvedimento chiesto dalla Dda e motivato dal fatto che i piccoli sarebbero in pericolo in quanto un loro congiunto è collaboratore di giustizia. La seconda pista, più suggestiva ma altrettanto credibile, conduce al clan Licciardi. Martedì pomeriggio la Cassazione ha annullato l’ergastolo al ras Pietro Licciardi “’o fantasma” per l’omicidio di Cosimo Cerino. Le indagini, culminate nell’esecuzione di misure cautelari nei confronti di tre indagati, erano state condotte dagli uomini dell’Arma della compagnia Stella (da cui dipende la Stazione di Secondigliano) e del Nucleo investigativo di Napoli. Secondo questa ipotesi, la tremenda sventagliata di mitra contro la caserma dell’altra notte potrebbe essere interpretata come una sorta di vendetta per le indagini sul clan o uno sfregio contro gli odiati carabinieri per l’intenso lavoro finito sostanzialmente nel nulla.Le indagini si stanno concentrando sui clan che operano a Secondigliano guardando con attenzione soprattutto al clan dei “Girati” (la “Vanella Grassi”), ai Licciardi e ai Mallo. Anche perché c’è un’altra pista battuta con insistenza dai carabinieri del Nucleo investiga- tivo di Napoli e della compagnia Stella: la sparatoria potrebbe essere la risposta al sequestro, avvenuto poche ore prima, di una pistola mitragliatrice nel rione Don Guanella e di un quaderno con nomi e cifre. Una sorta, forse, di libro mastro della camorra. Erano nascosti nel vano ascensore di una palazzina e ora ci sono accertamenti in corso da parte de- gli esperti del “Racis” di Roma. L’arma è di fabbricazione slovacca e affianco c’erano 85 cartucce dello stesso calibro, 7,65.I carabinieri, per risalire agli autori del gravissimo raid, possono contare sulle immagini delle telecamere di sorveglianza della caser- ma e su alcune vaghe e frammentarie testimonianze. E’ certo che ad agire siano stati in quattro, su due motociclette, con il volto coperto da caschi. Dalla corporatura sembrerebbero molto giovani. Per un raid del genere ci vuole fegato, non può essere opera di criminali comuni. Il raid è scattato quindici minuti dopo la mezzanotte: ben 27 proiettili esplosi da due kalashnikov hanno centrato la palazzina e due autovetture private di militari dell’Arma in servizio all’interno. In quel momento erano in tre: il piantone-cen- tralinista e i colleghi appena rientrati da un giro di controllo con l’auto di servizio. Nessuno è rimasto ferito, ma il raid aveva un altro scopo secondo gli investigatori: intimidire gli uomini dello Stato e dimostrare che la camorra è più forte. Ovviamente non è così.
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