E’ la mamma del pentito pentito Raffaele Cirella del clan Sarno, la donna a cui l’altra notte è stato appiccato il fuoco al suo appartamento in via Camillo De Meis a Ponticelli. La donna salvata in tempo dalle fiamme è ricoverata al Cardarelli. Riuscirà a sopravvivere. La vendetta si è consumata contro il figlio oggi 44enne, cognato dell’ex collaboratore di giustizia Davide Montefusco, ucciso a gennaio scorso nel primo degli agguati che ha fatto piombare Ponticelli nel terrore e soprattutto testimone chiave al processo della famosa strage al Bar Sayonara. Quella dell’11 novembre del 1989 in cui furono massacrate 6 persone tra cui quattro vittime innocenti. Strage in cui furono uccisi Antonio Borrelli e Vincenzo Meo, (veri obiettivi dell’agguato) esponenti di spicco del clan di Andrea Andreotti detto ‘ o capotto all’epoca in guerra con la cosca di Ciro Sarno il “sindaco di Ponticelli”, oggi pentito con i suoi fratelli. La Cassazione proprio il mese scorso ha confermato l’ergastolo per gli 11 imputati. Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti l’attentato alla mamma di Cirella è avvenuto poco prima della mezzanotte di venerdì santo. Una bomba di forte dimensione è stata fatta esplodere davanti all’uscio di casa della donna. Il forte boato viene udito a molti isolati di distanza: viene dato l’allarme. Scattano i soccorsi, i vicini e i coinquilini terrorizzati fuggono in strada, qualcuno cerca di gettare acqua ma le fiamme aumentano facendo sprigionare un fumo nero densissimo.All’interno c’è ancora l’anziana madre del collaboratore di giustizia, e servirà tutto l’impegno e la professionalità dei vigili del fuoco – arrivati in tempo sul luogo dell’incendio – per salvarle la vita. Ora saranno le indagini della squadra mobile di Napoli a cercare di fare luce su questo ennesimo attentato contro i pentiti di Ponticelli. Raffaele Cirella oltre a parlare della strage al Bar Sayonara ha anche aiutato gli inquirenti a ricostruire i delitti di Carmine Capozzoli e di Salvatore Donadeo. ecco cosa ha raccontato agli inquirenti a proposito della strage al bar Sayonara nell’interrogatorio del del 17 febbraio 2010. “…La sera della strage, poco prima che il gruppo di fuoco entrasse in azione, io stavo stazionando insieme ad alcuni amici all’esterno del bar ubicato di fianco alla gelateria “Sayonara”. All’epoca, sebbene avessi un rapporto di conoscenza molto stretto con Luciano Sarno e con Vincenzo Sarno e frequentassi la loro famiglia, da cui ero ritenuto uno di fiducia, non ero ancora partecipe del clan. Mentre chiacchieravo con gli amici, vidi transitare lungo la strada una 127 di colore bianco con alla guida Giuseppe Sarno “o’ mussill” con a fianco il fratello Ciro, che si immetteva in un vicolo lì vicino che porta al rione De Gasperi. Trascorsero pochi minuti e mi allontanai, senza naturalmente prevedere ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Nei giorni successivi alla strage, nel discutere con i componenti del clan Sarno, ma anche con i comuni cittadini, venni a sapere che i responsabili di quell’eccidio furono i Sarno insieme ai componenti dei clan di Barra (intendo gli Aprea).. A distanza di circa 10 anni, segnatamente nel 1998, Vincenzo Sarno mi confidò era sua intenzione uccidere Gaetano Caprio perché temeva che Caprio potesse riferire particolari in merito alla strage al Sayonara. Mi spiegò infatti Sarno che Caprio insieme a Roberto Schisa aveva avuto il compito di fare sparire le armi utilizzate per l’eccidio. Sempre a proposito di questa strage, devo aggiungere che successivamente al delitto venne ucciso tale Salvatore detto “Rambo”, cognato degli Aprea e che gli autori dell’omicidio siano stati proprio questi ultimi, per punire il congiunto in quanto, essi assumevano, parlava troppo in giro di questa strage…”.
(nella foto gli investigatori sul luogo dell’incendio e nel riquadro il pentito Raffaele Cirella)